di: Johann Rossi Mason
Si soffre anche per il dolore fisico degli altri: è l'empatia. L'empatia è la capacità di mettersi nei panni degli altri e condividerne gli stati d'animo. Se sino ad oggi si credeva che interessasse solo i sentimenti e le emozioni oggi alcune ricerche hanno evidenziato che la capacità di apprezzare il dolore fisico degli altri è elaborata dalle stesse aree del cervello che noi usiamo per vivere il dolore che percepiamo personalmente.
Quando giunge uno stimolo doloroso, i segnali viaggiano come una scarica elettrica sino al cervello.
Lo stimolo doloroso viene poi tradotto in una risposta che è sia fisica che emozionale. L'esperimento realizzato dal gruppo di Neuroscienze dell'University College di Londra, diretto da Tania Singer, aveva lo scopo di valutare se ci fossero delle aree del cervello stimolate nella percezione del dolore altrui che fossero sovrapponibili a quelle che si attivano quando è la persona stessa che prova dolore.
Una esperienza che molte madri conoscono bene: quando il figlio è malato o prova un disagio la sensazione dolorosa è altrettanto intensa per loro stesse.
Un gruppo di 16 donne ha ricevuto una scarica elettrica di moderata intensità mentre veniva sottoposta alla Risonanza Megnetica Funzionale (FMRi): l’esame mostrava che nel cervello si attivavano risposte sia nelle aree sensoriali che in quelle emozionali.
La fase successiva dell'esperimento prevedeva che le stesse donne assistessero alla somministrazione di uno stimolo doloroso al loro partner, ma non potessero vederne il viso, in modo che non fossero influenzate dall'espressione sofferente e fosse eliminato il disagio emozionale che deriva dall'assistere al dolore altrui.
Il risultato è stato che le aree del cervello sollecitate dalla seconda parte dell'esperimento erano le stesse di quando il dolore era subito personalmente. “Lo studio ha evidenziato – spiega Tania Singer – che quando assistiamo al dolore di un'altra persona siamo coinvolti dal punto di vista psicobiologico in meccanismi sovrapponibili ma che l'assenza dello stimolo fisico differenzia solo la risposta legata ai recettori sensoriali”.
La valutazione della risposta emozionale ha mostrato che esiste un rapporto diretto tra l'intensità del legame affettivo e la risposta cerebrale.
Aggiunge Uta Frith, biologa cognitivista che lavora nella stessa università: “per quanto l'esperimento non sia stato completato sugli uomini o su persone che non sono coppie, a mio parere i risultati non cambierebbero. Anche se, ad esempio gli psicopatici, non presenterebbero a mio parere alcuna risposta emozionale perché non sono in grado di provare empatia”. Secondo la Singer la risposta ‘empatica’ ci rende capaci di forgiare rapporti affettivi come quello madre-figlio con funzioni evolutive perché l'empatia ci permette di comprendere profondamente, facendoci sentire coinvolti, sentimenti come dolore, gioia, rabbia.
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