Condizionamento mondiale come liberarsi
di: Edoardo Conte
Edito da: FRATERNITY
maggio 2007
Fonte:www.ecplanet.com
Se chiedete a qualcuno se è contento della vita che fa o se gli piace il sistema in cui vive, vi risponderà quasi sicuramente che non è proprio la vita che vorrebbe fare e che il sistema potrebbe essere, di sicuro, migliore.
Quando poi gli chiedete se saprebbe che cosa fare per migliorarlo, vi risponderà che lui saprebbe ma, non gli spetta. “Sono i politici a dover trovare le soluzioni giuste per risolvere i problemi; sono stati eletti apposta”…
Questo è più o meno il ritornello che sentireste.
Il problema fondamentale sta nel fatto che, la gente, è cresciuta, educata e pasciuta nella convinzione che deve delegare i propri desideri e la propria volontà di benessere personale e collettivo a qualcuno o a qualche cosa che la rappresenta.
Anche se questa affermazione può sembrare assoluta, vi chiedo di osservare i vostri desideri o le vostre aspirazioni e vedere se sono ispirati da una vostra istanza interiore o se rispondono a modelli preconfezionati che la società diffonde come appetibili e soprattutto conformi a una aspettativa comune.
Ogni nostro desiderio personale è dettato da bisogni costruiti, appositamente, al di fuori di noi per farci prendere e mantenere una certa direzione.
Voler migliorare la nostra vita è cosa buona e giusta, ma dipende sempre da che cosa ci offrono i modelli di riferimento.
Lavoro, carriera, successo, casa, automobile, e non ultimo, il telefonino, sono stereotipi precostruiti da chi ci controlla e guida per orientare i nostri desideri verso il possesso di cose; possesso che viene mostrato come la chiave della felicità.
Quando vien detto da politici, sociologi, pubblicitari e altri guru della comunicazione che, alla gente vien dato ciò che chiede, si mente sapendo di mentire poiché è da sempre risaputo che le masse desiderano ciò che vien loro suggerito come desiderabile e indispensabile.
Creare bisogni e valori, perlopiù fittizi, fa parte della tecnica della persuasione occulta, che mantiene l’uomo ingabbiato nella propria mentalità emotiva. È stato così fin dai tempi degli antichi imperi dove: “Panem et circenses” era il motto che stigmatizzava la chiave del potere.
Da allora nulla è cambiato nel metodo bensì nella forma.
Le attuali società democratiche ricalcano in grande misura quella formula di alternanza di “cibo e divertimento” che costituisce la base del governo di un popolo, con l'aggiunta di un pizzico di “stregoneria” che riesce a infondere, al popolo stesso, perfino l'illusione di partecipare alle scelte.
Dietro il concetto di democrazia si cela, forse, il più subdolo condizionamento di massa messo in atto da che storia è storia.
Col metodo democratico, l’adeguamento del sistema alle necessità della gente, è demandato a coloro che sono eletti per la gestione del bene comune i quali, a loro volta, dovrebbero percepire le istanze della comunità e quindi promuovere quegli eventi necessari a provocare il cambiamento richiesto. I fatti, tuttavia, ci insegnano che ciò non accade se non in misura utile al mantenimento del controllo stesso. La casta degli eletti, ad esempio, è in gran parte precostituita dalle lobbies di potere tramite accordi trasversali che mirano all'auto-protezione.
I pochi outsiders vengono “fatti fuori” in poco tempo o resi innocui. I bisogni della gente, poi, sono “teleguidati”, come abbiamo detto sopra, dalla manipolazione del desiderio.
Anche le grandi battaglie sociali che, hanno contraddistinto gli ultimi due secoli, compreso il diritto di voto e i diritti dei cittadini, o i grandi movimenti come quello operaio o quelli idealistici come il socialismo, son tutti esempi di come i poteri occulti siano riusciti a manovrare le masse facendo loro credere di compiere passi verso un progresso sociale.
Attenzione, non sto dicendo siano stati inutili; anzi, sono stati molto utili perché hanno fatto “masticare” molta materia grezza, rendendola più duttile, e allenato i giocatori ad un gioco di squadra sempre, però, all'interno del campo di gioco e delle regole del gioco.
Sto cercando di dire che, il concreto o presunto successo di quelle battaglie e di quei movimenti, ha generato, come in tutte le lotte sociali, odio di classe. E non ha molta importanza che all'interno delle masse, quelle lotte, abbiano creato uno spirito solidale o comunitario; anzi, è proprio quella solidarietà interna ad aver provocato odio verso l'esterno.
Ciò vale, ovviamente, per tutti i tipi di aggregazione di sinistra o di destra; politica, ideologica, religiosa e perfino, commerciale o sportiva che sia. Là dove si crea antagonismo, si genera conflitto; e dal conflitto si passa all'odio.
E qui sta il trucco.
Creare masse contrapposte per idee, cultura e interessi personali, è la strategia con cui si detiene il potere. Non ha importanza il soggetto del contendere; tutti i pretesti sono utili, che siano politici, sociali, morali, religiosi, economici o culturali, per separare la gente in fazioni che si odiano e combattono. “Divide et impera” dicevano i latini; “Separa e comanda”, questa è la regola che assicura il dominio dei popoli. Le forme sono molteplici come gli effetti, ma il movente è sempre lo stesso: incutere paura !
Dell'altro, del diverso, dell'ignoto… Tutte le paure generano, prima o poi, odio !
Quindi, se volete dominare un gruppo di persone, inventate un pericolo proveniente da un gruppo esterno e prospettate una soluzione vincente.
Otterrete in sequenza: paura e odio per il presunto nemico e immediato consenso al vostro agire. La lotta al terrorismo internazionale ne è l'esempio più eclatante, ma ci sono modi più semplici e immediati per instillare la paura nel vivere quotidiano.
Rendere precario il lavoro, bloccare il flusso della liquidità monetaria, attentare alla salute… in somma: togliere la fiducia nel presente e la speranza del futuro.
Questo è il feroce gioco del potere che, mentre tende la mano con accoglienza benevola, dall'altra parte sfodera il bastone del condizionamento o, ancora peggio, la spada del terrore.
Mentre, ad esempio, cavalca la libertà creativa dell'individuo gli salta in groppa (all’individuo) e lo imbriglia con le logiche produttive del mercato globale, della finanza, del credito, realizzando il sistema dell'indebitamento. Avete mai pensato che il sistema bancario mondiale e l'emissione di denaro si basano sul debito che andate a contrarre quando chiedete un prestito a una qualsiasi banca ? Da un lato il sistema accoglie l'idea della società solidale e dall'altro pungola l'individuo verso una competizione sempre più feroce, mantenendo, di fatto, gli uni contro gli altri, separati e incazzati.
Finché l'Umanità avrà paura di sentirsi libera, uguale e fraterna, sarà tenuta divisa dall'odio e potrà essere governata, ossia, tenuta in schiavitù, da chi trae forza e giovamento da questa condizione ! D'altra parte, non vi sembri paradossale che proprio il sistema di condizionamento sia, in ultima analisi, il mezzo stesso che consente di percorrere il sentiero della salvezza. Senza subire sulla propria pelle tutto il senso di limitazione che procura, l'individuo non scuoterebbe il proprio animo verso la liberazione e non cercherebbe una condizione di vita più equa.
Sotto questo profilo la sofferenza diventa strumento di catarsi.
Ma ciò è possibile solo se si giunge a una presa di coscienza della posta in gioco. In tutto questo marasma di forze contrastanti, non è un caso che il cittadino medio di una qualsivoglia società, si senta affetto da schizofrenia indotta da ciò che sente dentro e ciò che gli viene inconsciamente imposto fuori.
Questa schizofrenia comportamentale, andando più in profondità, esiste nella natura stessa dell'essere umano, dove l'essenza spirituale naturalmente predisposta al bello, al buono, alla condivisione, è contrapposta ad una caratteristica personale orientata verso l'individualismo, la separatività, l'egoismo. Queste due tendenze agiscono come forze che contrapponendosi provocano conflitto se non sono elaborate come elementi complementari dell’esistenza, a cui dare una tensione armonica.
Chi gestisce il controllo, conosce bene questo meccanismo e lo sfrutta per il suo fine proponendo modelli sociali e comportamentali a cui il lato “personale” dell'individuo non può sfuggire a scapito di quello spirituale.
A questo scopo viene alimentata la rincorsa ai beni materiali che acceca l'aspetto personale con i bagliori del successo, della ricchezza, del possesso.
Su questi non-valori è impossibile costruire la società della solidarietà e così, il senso di frustrazione che deriva dall'agognare una meta irraggiungibile crea, nella persona, una scissione esistenziale che la rende succube e impotente. Badate bene che anche l'eccesso opposto, quello determinato dal condizionamento religioso di sapore moralistico-punitivo, ottiene l'analogo effetto di mantenere l'individuo diviso, mediante il senso di colpa.
Qualcuno obietterà che la gente non è poi così stupida e che sa scoprire gli inganni e riconoscere la verità. Questo in parte è vero, quando l'uomo usa la mente per discriminare e l'intuizione per scoprire più ampi orizzonti. Ma occorre considerare che, se il livello mentale delle masse è senza dubbio cresciuto negli ultimi 50 anni, è altresì aumentata la suggestione emotiva che è frutto del condizionamento dell'informazione di massa. Più persone vengono informate su un evento, maggiore sarà la partecipazione emotiva e quindi la suggestione condizionante. Più avvenimenti crudeli, violenti e nefasti verranno proposti quotidianamente e più si svilupperà paura, odio e rancore di massa, e l'Umanità resterà divisa. Da questo punto di vista l'informazione sta svolgendo un duplice ruolo, liberatorio e vessatorio, al tempo stesso. Infatti, il paradosso di internet, l'ormai più diffuso mezzo di comunicazione, rivela bene il conflitto di forze in atto. Sulla rete si trova tutta l'informazione e la contro-informazione riguardante un avvenimento. Entrambi costituiscono parti di una verità più ampia. A quale credere ? A quella ufficiale, proposta dai media omologati, o a quella “alternativa” che sguscia fuori da indiscrezioni o presunti segreti rivelati ? Discernere è veramente difficile quando si è di fronte a mezze verità ! Un tempo si diceva che occorreva saper “separare il grano dalla pula” per riconoscere la verità. Operazione che in pratica consiste nello scaraventare in aria il grano raccogliendo nello staio i semi più pesanti mentre la pula, più leggera, se ne va col vento. Credo che questa immagine sia tutt'ora molto efficace e veritiera. Resta difficile oggi riconoscere, all'interno dell'informazione, che cosa sia il grano e che cosa la pula. Il grano dovrebbe essere la sostanza, il nutrimento vero del corpo e dell’Anima; mentre la pula dovrebbe essere la forma che la riveste. Da sempre la saggezza antica consiglia di considerare la sostanza come fonte di realtà e verità e la forma come il contenitore cangiante e illusorio a cui non rimanere affezionati pena l'oscuramento di quella verità. Quindi dovremmo svelare l'essenza che vivifica le forme e non adorare le forme come fini a se stesse; anche perché le forme, svuotate del contenuto, restano vasi vuoti che occupano spazio ma non servono più allo scopo. E questa idolatria non è ciò che oggi condiziona chi aderisce alla civiltà dell'apparenza formale ? Per non cadere nel tranello della forma e degli stereotipi dobbiamo sviluppare il pensiero autonomo discriminante; ma il pensiero, da solo, non basta. Abbiamo visto che la forza seduttiva dell'emozione devia la mente dalla chiarezza di scelta e la fa precipitare nella suggestione collettiva. Occorre, dunque, trovare uno strumento che affranchi dalle forme di emotività ideologica, religiosa, politica o economica, ovvero, dalle forme di controllo escogitate dalle forze della materialità. Tale strumento è il cuore, ossia il centro interiore dell'individuo che trasforma l'emozione in conoscenza, la passione in compassione, la separatività in condivisione; equilibra le forze in gioco, sintetizza il dualismo degli opposti e dà misura e ritmo alla partecipazione. L'intelligenza del cuore svela la verità, va alla sostanza delle cose, non dà ascolto ai falsi profeti o agli imbonitori, non si fa condizionare dalle belle parole o dai bei vestiti. Il cuore sa costruire in sintonia con i principi armonici universali, tessere rapporti sinceri e indissolubili tra gli esseri umani, la natura e il creato.
Il cuore trasforma le forze del condizionamento in energie del rinnovamento e riprogramma il nostro DNA in modo da liberarci dall'identificazione con il lato illusorio della vita per riformulare il paradigma, ovvero, le regole del gioco.
É l'antidoto che rompe l'incantesimo di “Matrix” e ci svela la realtà fondata sul riconoscimento dell'Amore come forza coesiva dell'Universo.
L'unica forza capace di dissolvere la paura e annichilire l'odio e il senso di separ attività. Sviluppare l'intelligenza del cuore è il fine di ogni essere umano che percorre la spirale evolutiva. Richiede la consapevolezza dello stato di cattività iniziale per riorientare la propria esistenza verso la liberazione.
É un percorso di crescita che passa attraverso l'osservazione dei moventi che spingono ad agire e prosegue con l'attuazione del distacco dai condizionamenti emotivi, mentali e formali connettendo stabilmente la propria componente personale a quella spirituale che tutto abbraccia e ama.
Da sempre la meditazione è indicata come una tecnica molto efficace nell'allineamento della personalità al Sé spirituale poiché stabilisce un ponte interiore che non può essere condizionato da forze esterne.
Ascoltiamo, dunque, il nostro centro di sintonia interiore quando vogliamo trovare risposte concrete al bisogno di benessere e non chiediamo agli altri di cambiare il mondo, ma troviamo dentro di noi quella forza necessaria. Ogni cambiamento nasce da dentro, nella consapevolezza di ciò che siamo e di quale compito abbiamo. É il risveglio della disposizione interiore a crescere per divenire migliori, cioè, uniti nel trovare soluzioni di massimo bene per tutti. Se saremo capaci di fare questo primo passo, ci troveremo tutti insieme un passo più in là, verso la civiltà della cooperazione fraterna e scopriremo che è possibile realizzarla perché è già parte di noi.
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