mercoledì 16 aprile 2008

Interazioni del Cibo e droghe

di: Donata Allegri

Ricercatori del Monell Chemical Senses Center e dell'Università della Pennsylvania, diretti da Marcia Levin Pelchat, usando la risonanza magnetica funzionale (fMRI), hanno dimostrato che aree del cervello adibite alle emozioni, alla memoria vengono attivate anche quando si prova un forte desiderio di cibo e queste stesse zone vengono anche attivate quando si desiderano droghe.

Si è notato che, sia negli animali che negli uomini, lo stimolo dei centri della memoria è più efficace dello stimolo dei centri della ricompensa. Durante gli episodi nei quali veniva stimolato il desiderio di cibo, si è visto che venivano sollecitate tre regioni del cervello: il hippocampus, il insula ed il caudate e si è visto che queste stesse tre zone sono sollecitate dal desiderio di droga. Per poter effettuare questo studio sono stati utilizzati 10 volontari in buona salute ai quali, prima di essere sottoposti alla prova con fMRI, per un giorno e mezzo, è stata data soltanto una bevanda alla vaniglia che fornisse le calorie sufficienti. Ad un altro gruppo di controllo è stato permesso mangiare qualunque cibo e con molte porzioni, oltre alla bevanda alla vaniglia.

Per innescare il desiderio durante l'esplorazione con fMRI, venivano alternati su uno schermo i nomi degli alimenti graditi e la dieta liquida. In alcuni casi è stato chiesto di pensare all'alimento elencato sullo schermo, con il relativo gusto, odore e struttura. In altri casi le parole sono state usate al posto delle immagini. Tutti i partecipanti con dieta monotona hanno segnalato di provare il desiderio di cibo mentre immaginavano gli alimenti graditi, ma non mentre visualizzavano l'alimento monotono.

In questo modo si è visto che la stimolazione dei centri della memoria è più efficace della stimolazione dei centri della ricompensa. Questo studio è importante perché può dirci molto sulla neurochimica normale e patologica del desiderio e ci può condurre a migliorare i trattamenti farmacologici nei casi di obesità ed in quelli di tossicodipendenza.
Lo studio è stato pubblicato dalla rivista “NeuroImage”.

http://www.upenn.edu/
http://www.monell.org/

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