di: Roberto Romagnoli
Data articolo: aprile 2008
Fonte: Il Messaggero
Alimentari, esplode il prezzo del riso. Fao in allarme: rischio speculazioni.
La prima guerra mondiale per il cibo sembra cominciata. L'impennata dei prezzi di grano, riso, soia, mais sta spingendo molti Paesi a drastiche misure protettive. In tutti e cinque i continenti è il caos totale. Ognuno si muove autonomamente, senza una logica globale. E questo perché la crisi alimentare in atto è qualcosa di viscido, difficile da afferrare. Ieri il riso ha superato quota mille dollari la tonnellata, arrivando in alcuni casi anche oltre 1.200. Il che significa un apprezzamento di quasi il 50% rispetto a un mese fa e del 16% in una settimana. In un anno il prezzo del grano è raddoppiato.
I fertilizzanti sono aumentati del 25% (+200% in un quinquennio). Vietnam, India, Egitto, Cina, Cambogia, Argentina hanno chiuso totalmente o parzialmente le frontiere all'esportazione del riso. Argentina, Russia, Kazhakistan hanno ridotto le esportazioni di grano. In Mauritania, Mozambico, Costa d'Avorio Haiti, Senegal Guinea e altri Paesi da un mese sono scoppiate contestazioni e rivolte per la carenza di cibo. Si diffonde la paura di restare senza riso e grano e chi vuole e può acquistare offre e ordina sempre di più.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon vuole convocare al più presto un vertice sulla crisi alimentare. Il Pam - l'ufficio Onu per il programma alimentare mondiale - denuncia che la crisi può provocare drammatiche emergenze umanitarie in molti Paesi.
La Banca mondiale stima che l'esplosione dei prezzi può far precipitare nell'inferno della denutrizione cento milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo. E la Francia ieri ha deciso di raddoppiare da quest’anno lo stanziamento per per gli aiuti alimentari ai paesi poveri portandolo a 60milioni di euro. La Fao riconduce il terremoto dei prezzi a diversi fattori: dall'abbassamento delle riserve - soprattutto per grano e mais - alla siccità che ha colpito l'Australia nel bienno 2006-2007; dall'impennata della domanda di produzione agricole per i biocombustibili - gli Usa destinano già il 25% di terre alla petroagricoltura - alla accresciuta richiesta di cibo da parte di paesi come India e Cina.
In un documento elaborato due giorni fa, la Fao ha anche fatto cenno quale causa delle turbolenze nel settore alimentare a un sempre maggiore intreccio tra mercati agricoli e non agricoli. Insomma c'è un rischio di speculazione. Secondo Conception Talpe, economista responsabile dei prezzi dei cereali della Fao: «Per il riso non c'è un particolare boom della domanda che si colloca ai livelli dello scorso anno, dunque l’aumento dei prezzi è ingiustificato». Per Antonio Onorati, presidente del Centro internazionale Crocevia, che segue da anni le dinamiche agricole mondiali, le cifre della produzione dicono che la crisi ha ben altre origini.
Non c'è diminuzione di produzione, che si mantiene a un livello adeguato per rispondere all'aumento della popolazione mondiale. Quanto sta accadendo - sostiene Onorati - è completamente al di fuori della logica della domanda e dell'offerta. La piena liberalizzazione del settore agricolo ha spinto riso, cereali e altri prodotti sotto la lente dei mercati finanziari. E sono convinto che una buona spinta a questa corsa al rialzo dei prezzi sia dovuta alla speculazione finanziaria. Inoltre c'è la corsa del petrolio che incide molto su politiche agricole sempre più industrializzate.
Se si vuole uscire dalla spirale, oltre a sottrarre la produzione alimentare alle grinfie dei grandi gruppi finanziari, va ridisegnato il modo di produrre. Se non si interverrà subito lo spettro della fame aleggerà ovunque. Già adesso la questione fame nei paesi in via di sviluppo si sta trasferendo dalle campagne alle città colpendo i ceti più deboli. Ma a rischio presto potrebbe esserci anche la classe media.
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