Dalle istituzioni e dal mondo scientifico
In organizzazioni come l'OMS, la FAO e la Banca Mondiale, aumenta sempre di più la preoccupazione per l'impatto dell'allevamento industriale sull'utilizzo delle terre coltivabili e conseguentemente sulla possibilità o meno di nutrire il mondo in modo efficiente.
Esse affermano: “L'aumento del consumo di prodotti animali in paesi come il Brasile e la Cina (anche se tali consumi sono ancora ben al di sotto dei livelli del Nord America e della maggior parte degli altri paesi industrializzati) ha anche considerevoli ripercussioni ambientali. Il numero di persone nutrite in un anno per ettaro varia da 22 per le patate, a 19 per il riso fino a solo 1 e 2 persone rispettivamente per il manzo e l'agnello. Allo stesso modo, la richiesta d'acqua diventerà probabilmente uno dei maggiori problemi di questo secolo. Anche in questo caso, i prodotti animali usano una quantità molto maggiore di questa risorsa rispetto ai vegetali.” [WHO/FAO2002].
L'acqua richiesta per produrre vari tipi di cibo vegetale e foraggio varia dai 500 ai 2000 litri per chilo di raccolto prodotto. Il bestiame utilizza in modo diretto solo l'1,3% dell'acqua usata in totale in agricoltura; tuttavia, se si prende in considerazione anche l'acqua richiesta per la coltivazione dei cereali e del foraggio per uso animale, la quantità d'acqua richiesta è enormemente più elevata. Per 1 kg di manzo da allevamento intensivo servono 100.000 litri d'acqua (200.000 se l'allevamento è estensivo); per 1 kg di pollo, servono 3500 litri d'acqua, 2000 per la soia, 1910 per il riso, 1400 per il mais, 900 per il grano, 500 per le patate. [Pimentel1997]
Il direttore esecutivo dell'International Water Institute di Stoccolma, ha dichiarato "Gli animali vengono nutriti a cereali, e anche quelli allevati a pascolo richiedono molta più acqua rispetto alla produzione diretta di grano. Ma nei paesi sviluppati, e in parte in quelli in via di sviluppo, i consumatori richiedono ancora più carne [...]. Ma sarà quasi impossibile nutrire le future generazioni con una dieta sul genere di quella che oggi seguiamo in Europa occidentale e nel Nord America". Ha aggiunto inoltre che i paesi ricchi saranno in grado di aggirare il problema importando acqua virtuale, il che significa importare cibo (mangime per animali o carne) da altri paesi, anche da quelli che non hanno abbastanza acqua. [Kirby2004]
Oltre a consumarla, l'allevamento inquina l'acqua
Al consumo smodato d'acqua, va aggiunto il problema dello smaltimento dell'enorme quantità di deiezioni prodotte dagli animali degli allevamenti intensivi. Le deiezioni liquide e semi-liquide del bestiame contengono livelli di fosforo e nitrogeno al di sopra della norma, perché gli animali possono assorbire solo una piccola parte della quantità di queste sostanze presenti nei loro mangimi.
Quando gli escrementi animali filtrano nei corsi d'acqua, il nitrogeno e fosforo in eccesso in essi contenuto rovina la qualità dell'acqua e danneggia gli ecosistemi acquatici e le zone umide. Circa il 70-80% del nitrogeno fornito ai bovini, suini e alle galline ovaiole mediante l'alimentazione, e il 60% di quello dato ai polli "da carne" viene eliminato nelle feci e nell'urina e finisce nei corsi d'acqua. [CIWF2004]
Un anno intero di acqua per soli 5 kg di carne
Per concludere, un dato emblematico, che fa riflettere: il settimanale Newsweek ha calcolato qualche anno fa che per produrre soli cinque chili di carne bovina serve tanta acqua quanta ne consuma una famiglia media americana in un anno (5 kg di carne non bastano a coprire il consumo di una settimana, per la stessa famiglia !).
Perciò è chiaro che la prima cosa da fare, per risparmiare davvero acqua, è diminuire i consumi di alimenti animali, privilegiando il consumo diretto di vegetali (cereali, legumi, verdura, frutta, nelle migliaia di possibili ricette appetitose che si possono preparare): come singola azione da compiere è la più potente in assoluto, molto di più di qualsiasi altra azione di risparmio il singolo cittadino possa intraprendere.
D'altro canto, è noto che l'attuale consumo di alimenti animali è di molto superiore al massimo consigliato dall'Istituto Mondiale per gli studi sul Cancro (World Cancer Institute), che consiglia, nelle sue linee guida per la prevenzione del cancro, di non consumare più di 80 grammi al giorno di carne rossa, il che significa 30 kg l'anno come MASSIMA quantità di carne rossa ammessa. In Italia, ogni anno si consumano mediamente 62 kg di carne rossa pro-capite, più 30 kg di altra carne, quindi il doppio rispetto al massimo consigliato.
Modificando le nostre abitudini alimentari, faremo molto per l'ambiente, e faremo un gran regalo alla nostra salute.
Data articolo: aprile 2008
Fonti:
- [CIWF2004] CIWF, "The global benefits of eating less meat", CIWF Trust, 2004
- [Kirby2004] Alex Kirby, "Hungry world 'must eat less meat'", BBC News Online, August 15 2004
- [Pimentel1997] Pimentel D., Houser J., Preiss E., White O., "Water Resources: Agriculture, the Environment, and Society", Bioscience, February 1997 Vol. 47 No. 2.
- [WHO/FAO2002] WHO/FAO, Diet, nutrition, and the prevention of chronic disease. Report of the Joint WHO/FAO expert consultation, 26 April 2002.
Pubblicato da: www.scienzavegetariana.it
Carne e cancro un binomio dimostrato
R.S. a cura di Fabio Quattrocchi
Che il consumo eccessivo di carni rosse, lavorate o meno, favorisca il cancro all'intestino era solo un'ipotesi. Adesso, uno studio europeo l'ha dimostrato.
L'Ente europeo che studia i legami tra cancro e nutrizione (EPIC) ha esaminato, per volere dell'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, le abitudini alimentari di 500.000 europei negli ultimi dieci anni. E ha scoperto che il rischio di cancro all'intestino è tre volte superiore in chi mangia più di 80 grammi al giorno di carne rossa o trattata (vitello, agnello, maiale e gli insaccati derivati) rispetto a chi invece la mangia meno di una volta a settimana.
Lo studio di EPIC, riportato nel Journal of the National Cancer Institute, ha rivelato che anche una dieta povera di fibre aumenta il rischio di tumore all'intestino. Mangiare pollame non favorisce, invece, gli stessi rischi, mentre mangiare pesce ogni giorno, addirittura li diminuisce.
A capo di questa ricerca c'è Sheila Bingham, della Dunn Human Nutrition Unit di Cambridge: “Non è una novità che l'abuso di carne rossa nell'alimentazione favorisse il cancro ma questo è il primo studio europeo che conferma quella che prima era solo un'ipotesi”.
LA COLPA È DELLA NITROSAZIONE
Sono tante e diverse le teorie sul perché la carne rossa favorisca questi rischi. Quella più accreditata è che l'emoglobina e la mioglobina che si trovano nella carne inducono, nell'intestino, un processo chiamato nitrosazione che porta alla formazione di “colonie” cancerogene.
La seconda teoria è che i colpevoli possano essere dei componenti, detti eterociclici, prodotti durante la cottura. Ma questi si trovano anche nel pollame e quindi il legame con la malattia non è così immediato. Nel team c'è anche Tim Key, professore della charity Cancer Research britannica, che sostiene: “La conclusione di questo rafforza l'evidenza che il cancro all'intestino può essere prevenuto con una dieta ricca di fibre e riducendo consumi della carne rossa e lavorata”.
I DATI
- Ogni anno 34.500 persone si ammalano di cancro all'intestino.
- Ci sono 17 casi di cancro all'intestino ogni anno su dieci mila cinquantenni che consumano più di due porzioni di carne rossa al giorno.
- Sono 12 i casi, invece, sempre su 10.000 cinquantenni, per chi mangia carni rosse meno di una volta a settimana.
- In Inghilterra rischiano un tumore all'intestino un uomo ogni 18 e una donna ogni 20.
- Se preso in tempo le possibilità di guarire sono otto su dieci.
Questa notizia è stata pubblicata dal periodico “Repubblica online”.
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