Il 22.2 2007 è apparso sul sito di Repubblica un articolo a firma di Alessia Manfredi in cui si riporta la teoria di uno scienziato americano, Peter J. Lu, fisico dell’Università di Harvard che sostiene che le stelle poligonali geometriche dell’architettura islamica medievale, rispecchiano moduli matematici e che posizionandole una accanto all’altra “le linee si connettono per formare una rete continua per l’intero piastrellato, una rete che sembra esprimere la struttura della “mater-matrice” della creazione.
Tali osservazioni hanno indotto il fisico a ritenere che gli artisti islamici avessero elementi concettuali che anticipano di circa 500 anni le scoperte della fisica dei quanti.
Tali osservazioni hanno indotto il fisico a ritenere che gli artisti islamici avessero elementi concettuali che anticipano di circa 500 anni le scoperte della fisica dei quanti.
Ritrovo l’argomento sul n. 88 della rivista Hera di maggio 2007 in un articolo a firma di Michele Melchiorre che illustra come nel 1989 già il fisico Roger Penrose affermò che la mente umana e la coscienza seguono modelli matematici tipici della fisica quantistica, “una visione che oggi molti fisici stanno sposando - leggo nell’articolo - e che relaziona la coscienza alla struttura più sottile dell’universo, ad una sorta di reticolo energetico le cui maglie assomiglierebbero ad un reticolo cristallino, su cui tutta la creazione si dipana”.
Tale schema viene ricollegato alla teoria del fisico David Bohm dell’Università di Londra secondo il quale nell’universo sono ravvisabili due ordini di realtà, uno esplicito e visibile, l’altro implicito che costituisce l’essenza di quanto vediamo e che viene rappresentato come un reticolo di natura energetica “contenente un enorme oceano di energia”.
Tali affermazioni mi riportavano all’intuizione - che ho illustrato nel mio ultimo libro “Il quadrato magico del SATOR- il segreto dei maestri costruttori” edito dalle Mediterranee - secondo la quale, il misterioso simbolo che appare ai margini di costruzioni medievali, ma anche molto più antiche, come a Pompei, consentirebbe, unendo le lettere delle cinque parole da cui è formata l’intera iscrizione, di tracciare una griglia, un reticolo che ho chiamato Matrix perché costituirebbe la matrice della creazione, le acque primordiali informate dallo Spirito da cui emergerebbe l’intera creazione.
Gli architetti di diverse tradizioni ed aree geografiche si sarebbero dunque tramandato un segreto che ha fatto sì che l’arte della costruzione rappresentasse per eccellenza un percorso iniziatico.
Iniziatico non solo per quanto custodito dalla Massoneria, ma soprattutto perché Architetto è, secondo l’etimologia greca della parola, colui che crea con 0 dall’Archè, dal principio di ogni cosa, dalla Matrix in cui da una punto centrale indicato da una N (come Nous) nel quadrato magico del SATOR, si irradierebbe il suono della creazione, il Verbo ordinatore. Insomma nella Matrix, vi è l’energia della creazione ed ogni linea costituisce la legge che rende ciò che emerge conforme all’ordine divino.
Questo spiegherebbe l’armonia espressa dalle costruzioni sacre ed il loro ruolo di microcosmo perfetto, di paradiso in terra per cui l’Architetto non farebbe altro che reiterare l’atto cosmogonico del Grande Architetto dell’Universo. Sovrapponendo la griglia a piante o sezioni di monumenti sacri di varie tradizioni ho dato sostegno alla mia ipotesi.
Nel settembre 2006 un viaggio in Sicilia mi pone davanti i meravigliosi mosaici della cappella palatina di Palermo e del duomo di Monreale, arricchendo di materiale la mia ricerca perché nelle decorazioni delle maestranze arabo-normanne si coglie ad occhio il ruolo svolto dal magico quadrato in cui ho rinvenuto la geometria sacra, la quadratura del cerchio, il rapporto aureo, oltre a simboli ed alfabeti che tutti appaiono scaturire dalla rete della Dea Madre tessitrice.
Ai tempi erano molto più avanti in tutti i campi della tecnica e della tecnologia” .
Invero la conoscenza espressa nell’arte islamica - che si basa in prevalenza sulla stella ad 8 e 10 punte, ma anche nelle costruzioni sacre di altre culture - aveva natura iniziatica e dunque era custodita gelosamente.
Di fatto era racchiusa semplicemente in una quadrato, simbolo della manifestazione divina, della creazione, caratterizzato da un reticolo di linee esprimenti la legge dell’armonia divina.
Difficile dire fino a che punto gli iniziati delle varie culture avessero anche conoscenze matematiche e tecnologiche, se conoscessero i numeri dell’infinito e in che misura ovvero se avessero ricevuto quale dono divino il magico quadrato tentando, come i Pitagorici, di ricavarne le leggi che governato la creazione.
L’aspetto di straordinario interesse è che scienziati contemporanei stiano dimostrando quanto gli antichi custodivano gelosamente.
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