Nei precedenti post relativi alle neuroscienze ed alla fisica quantistica abbiamo cercato di tracciare un percosrso scientifico-cognitivo che possa far accrescere la consapevolezza del nostro esistere e del nostro essere nel mondo.
Come spiegato nel post Il cervello è come un lettore MP3 (Vedi:Neuroscienze) la nostra modalità di comprensione ed interazione con quella che chiamiamo realtà, deriva essenzialmente dal modello di riferimento.
Sono passati solo qualche centinaia di anni da quando Galileo rischiò il rogo per affermare quella che oggi sembra un'ovvietà, cioè che la Terra ruota intorno al Sole.
Prima di lui, altri avevano scandalizzato i dotti della loro epoca sostenendo che la Terra era rotonda e non piatta.
Eppure per secoli varcare lo stretto di Gibilterra era considerato un'assurdità, perchè là era posto il confine invalicabile del mondo conosciuto:le Colonne d'Ercole, oltre le quali si apriva un orrifico abisso che avrebbe risucchiato nei suoi gorghi coloro che in sfida agli dei vi si fossero avventurati.
Fino a poco più di un secolo fa era una bizzarria parlare di energia elettrica, che scorrendo in fili di rame faceva incendiare minuscoli filamenti metallici racchiusi in un'ampolla di vetro.
Certo è che a quei tempi l'informazione e la conoscenza erano strettamente limitate ai pochi che sapevano leggere e scrivere. Ma anche a quel tempo gli ambienti accademici ben poco contribuirono a creare nuovo sapere: le maggiori innovazioni tecnologiche le abbiamo per il duro ed incessante lavoro di autodidatti, (Leonardo ne è un fulgido esempio) i quali hanno interpretato la realtà con un nuovo paradigma.
Il nostro cervello interpreta la realtà circostante filtrandola attraverso un sistema di riferimento costituito dalle credenze e dai valori appresi nell'ambiente familiare e nel contesto sociale.
Per cui coloro che credevano che la Terra fosse piatta e che oltre Gibilterra si aprisse un abisso riferivano e tramandavano dell'esistenza di mostri serpentiformi dalle fauci schiumanti che inghiottivano gli sventurati naviganti.
Sono certa che la violenza dei marosi che si infrangevano sugli irti scogli dello stretto potessero materializzarsi agli occhi dei nostri antenati proprio come enormi fauci.
Parimenti nelle fobie abbiamo la netta percezione dell'esistenza dell'oggetto del nostro terrore:un'innoqua foglia di geranio ingiallita prende la forma di una locusta, una farfalla notturna si trasforma in pipistrello, uno stecco in serpente.
In base alle nostre immagini interiori interpretiamo ed interagiamo con ciò che ci circonda e che noi definiamo realtà.
Anche il senso della nostra esistenza non sfugge a questa regola:la realtà è ciò che io credo che sia ed io sarò ciò che credo di essere.
Allora se io credo di avere la dimensione di un granello di sabbia sperduto casualmente nell'immensità del cosmo, di cui non conosco nè l'inizio, nè la fine, nè lo scopo; ho davanti solo un grande punto interrogativo.
Io stesso sarò un punto interrogativo, nella pagina bianca dei secoli dei secoli.
Risultato: vivrò la mia esistenza nell'incertezza, nella disistima, nel sapere di non sapere e non poter sapere, quindi votato all'incoscienza e inconsapevolezza.
Non può nemmeno portar consolazione la credenza in un Dio dalla fluente barba bianca che sta tra le nuvole ed è pronto a punirti in ogni dove, e che ha immolato il proprio figlio primigenito su una croce tra due malfattori.
QUESTO E' L'ATTUALE MODELLO DI RIFERIMENTO DELLA SOCIETA' IN CUI VIVIAMO.
Di contro malgrado l'effluvio di informazioni scientifiche veicolate dai più svariati mezzi di informazione (riviste, canali televisivi, etc..) ancora non abbiamo acquisito la percezione cognitiva di noi stessi come un complesso organizzato di centinaia di migliaia di cellule: atomi di ossigeno, idrogeno, carbonio, ferro, magnesio, potassio etc...
In questa realtà dell'infinitamente piccolo tra noi ed una mela c'è veramente poca differenza.
E se provassimo a descrivere la realtà in un altro modo?
In fondo si tratta solo di produrre un evento quantistico.
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