Altro che voto in condotta e introduzione del dialetto tra le materie di studio: i nostri studenti non imparano - dopo 13 anni tra scuola primaria e secondaria - ad esprimersi ed a comprendere la lingua italiana.
Da Genova a Palermo, lo stivale per una volta è davvero unificato, grazie all’ignoranza delle nostre matricole.
A giudicare dalla preparazione dei ragazzi che escono dalle superiori, fotografata attraverso i risultati dei test di ammissione universitari, l’ignoranza delle matricole è spaventosa.
Emergono carenze culturali, ma anche lacune lessicali, sintattiche ed interpretative dei test stessi.
«Siamo preoccupati -ha detto la preside dell’ateneo fiorentino di lettere Franca Pecchioli- perché se le matricole non sanno dov’è il Mar Nero, pazienza, glielo insegneremo strada facendo. Ma se non sono in grado di seguire quando parla un docente perché non conoscono il significato di certi vocaboli, allora è grave».
Proprio a Firenze alla facoltà di Lettere non ha superato il test il 50% degli studenti. Che non conoscevano il significato delle parole "refuso", "velleità" e "procrastinare".
A Palermo, la maggioranza pensava che La Nausea l’avesse scritta Moravia anziché Sastre. Quasi il 30%, ovvero uno studente su tre, ha ottenuto debiti formativi.
«L’anno scorso insegnando si primi anni di Filosofia, ho chiesto chi avesse letto Proust.
«L’anno scorso insegnando si primi anni di Filosofia, ho chiesto chi avesse letto Proust.
Hanno alzato la mano 3 studenti su 100. E quasi nessuno aveva idea di chi avesse scritto Delitto e Castigo» Dice Elio Franzini, preside di Lettere della statale di Milano.
Dalle facoltà umanistiche a quelle scientifiche, la musica non cambia: a Genova a Economia, il 25% non ha raggiunto la sufficienza, dimostrando una cultura generale bassissima.
Sono andati in crisi su quesiti apparentemente banali, tipo "cos’è la Cgil" o "La Finmeccanica".
A Bari il 30% degli iscritti a scienze matematiche, fisiche e naturali non ha raggiunto la soglia minima della sufficienza.
La consolazione è che ai bocciati non si preclude la possibilità di accedere all'Università, ma si impone la frequentazione dei corsi di recupero, dove è una gara contro il tempo a colmare le lacune più gravi.
Non riusciamo però ad immaginare la loro utilità: come si può pensare che in qualche settimana si possa porre rimedio a oltre dieci anni di studio superficiale e male indirizzato.
Il rimedio, come sempre, andrebbe trovato e curato monte.
Prima che l'ignoranza diventi cronica e irrecuperabile .
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