di Johanna Rossi Mason
30 aprile ’04
www.comuni-care.itredazione@comuni-care.itEssere ottimisti nell’opinione comune è un tratto di personalità, dicarattere, in genere valutato positivamente in quanto l’ottimista è persona che vive la vita in maniera più positiva, vede il famoso bicchiere mezzo pieno piuttosto che mezzo vuoto.
In realtà invece sembra che sia una caratteristica – non sta a noi giudicare che si tratti di una qualità – che può essere appresa. Secondo il Vocabolario della Lingua Italiana Zingarelli “l’ottimismo è l’attitudine a giudicare favorevolmente lo stato e il divenire della realtà”.
Ora dagli Stati Uniti il
Professore di Psicologia Martin Seligman, noto anche in Italia per i suoi libri (Imparare l’ottimismo – Giunti – 1996; La costruzione della felicità – Sperling & Kupfer 2003) ci rivela, grazie ad un recente studio, che gli effetti del pensiero ottimista hanno risvolti positivi anche sulla salute fisica e non solo su quella psichica.
Seligman, che lavora alla
Università della Pennsylvania, ha condotto la ricerca con il collega
Gregory Buchanan e sono giunti alla
conclusione che
le persone che imparano a essere più ottimiste possono non solo evitare la depressione, ma anche migliorare in maniera significativa la propria salute fisica.Lo studio, ha preso in esame un gruppo di studenti universitari del primo anno e li ha divisi in due gruppi in maniera randomizzata e quindi casuale.
Il primo gruppo è stato invitato a partecipare ad un workshop di 16 ore sulle strategie cognitive per affrontare le avversità, reagire e difendersi da eventi e pensieri negativi (coping), mentre i secondi hanno unicamente fatto parte del gruppo di controllo. Nello studio a tutti gli studenti era chiesto di completare un questionario destinato a focalizzare le loro attitudini generali e il comportamento di ‘coping’.Ai partecipanti al gruppo di lavoro è stato insegnato a mettere in discussione i pensieri negativi più ricorrenti, così come ad imparare abilità sociali e lavorative che possono aiutare a reagire nelle situazioni di difficoltà.
Il follow-up a 18 mesi ha permesso di raccogliere i dati preliminari, con risultati interessanti: il
22% dei partecipanti al workshop aveva sofferto di disturbi dell’umore di varia intensità contro il
35% dei soggetti del gruppo di controllo.
Solo il
7% dei partecipanti ai lavori sulle strategie cognitive aveva sofferto di disturbi d’ansia contro il
15% degli altri.
Racconta inoltre il Professor Buchanan che i partecipanti al workshop avevano anche riferito un minor numero di problemi di salute e si erano mostrati più predisposti a rivolgersi al medico in caso di malessere per mantenere alto il proprio stato di salute, oltre a sottoporsi più di frequente a controlli diagnostici.
Le persone ottimiste non si arrendono di fronte alle difficoltà che vivono come opportunità di crescita, hanno più successo sul lavoro, percepiscono i problemi come possibilità di crescita e non come ostacoli insormontabili. Tale ‘abito mentale’ è stato considerato determinante anche per raggiungere uno stato psico-fisico di benessere generale. L’ottimista guarda avanti e gode di uno stato di salute migliore della media. Alla base di questo modo di guardare alla vita ci sono due fattori: la sensazione di poter esercitare un controllo sugli eventi e il modello mentale con cui spieghiamo a noi stessi quello che ci accade. Le persone che credono di poter modificare le cose a proprio favore e quelle che si percepiscono come meritevoli, sono gli elementi che distinguono l’ottimista dal pessimista. Gli esperti sottolineano comunque che il proprio ‘stile esplicativo’ ossia il proprio personale modo di spiegare gli eventi possa essere modificato, corretto e quindi che ad essere un po’ più ottimisti, si possa imparare, con un po’ di allenamento e con una buona dose di elasticità di pensiero. Seligman docet.