domenica 21 agosto 2011

Alzheimer: il fegato genera le amiloidi che danneggiano il cervello

Fonte: www.gaianews.it

Si stima che circa 450 mila italiani, 6 milioni di europei e 5 milioni di americani siano affetti dal morbo di Alzheimer, di cui quasi la metà è costituita da anziani con 85 anni o più.

Entro il 2050, il numero di persone di età superiore ai 65 anni con questa malattia potrebbero passare a numeri stratosferici, a meno che la scienza non trovi un modo per prevenire o trattare efficacemente questa malattia. In aggiunta alla condizione debilitante che la malattia causa, c’è il problema dei costi sanitari. Un nuovo rapporto dell’Alzheimer’s Association americana, ad esempio, dimostra che, in assenza di trattamenti modificanti la malattia, i costi complessivi di cura per malati di Alzheimer 2010-2050 supererà in America i 20 miliardi dollari.

I risultati emersi da uno studio recente potrebbero completamente cambiare l’idea finora prevalente tra gli scienziati secondo cui l’Alzheimer originerebbe nel cervello.

Sarebbe piuttosto il fegato il luogo in cui le proteine amiloidi, che danneggiano i neuroni dei malati del morbo di Alzheimer, verrebbero generate, per poi accumularsi in placche cerebrali associate a questa condizione devastante per il cervello e per la vita dei pazienti.

I risultati potrebbero offrire un approccio relativamente semplice per la prevenzione e il trattamento dell’Alzheimer.

Lo studio, svolto nei laboratori Scripps Research Institute e ModGene, è stato pubblicato il 3 marzo scorso online sul Journal of Neuroscience Research.

Nello studio, gli scienziati hanno usato delle cavie affette da una malattia analoga all’Alzheimer umano, per identificare i geni che influenzano la quantità di amiloide che si accumula nel cervello. I ricercatori hanno scoperto tre geni che proteggevano i topi dall’accumulo cerebrale di amiloide.

Per ogni gene, l’espressione più bassa nel fegato ha protetto il cervello del topo.

Uno dei geni codifica per la presenilina, una proteina della membrana cellulare sospettata di contribuire allo sviluppo dell’Alzheimer umano.


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