lunedì 22 febbraio 2010

ALTI LIVELLI DI VITAMINA D PROTEGGONO DA DIABETE,SINDROME METABOLICA E PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI

(AGI) - Londra, 22 feb. - Un alto livello di vitamina D negli anziani riduce della meta' il rischio di diabete e di problemi cardiaci. Lo ha scoperto uno studio dell' Universita' di Warwick, pubblicato dalla rivista Maturitas.
La ricerca ha esaminato 28 studi precedenti, per un totale di quasi 100.000 pazienti di ogni gruppo etnico, e ha rivelato una forte associazione tra un alto livello di vitamina D e un rischio basso per diverse patologie.
In particolare per le malattie cardiovascolari la probabilita' diminuisce del 33%, per il diabete di tipo 2 del 55% e per la sindrome metabolica del 50%.
'Colpire la deficienza di vitamina D negli anziani - spiega Oscar Franco, uno degli autori - potrebbe diminuire sensibilmente l'incidenza di queste patologie'.
INFORMAZIONI E CONSIDERAZIONI
La vitamina D è un gruppo di pro-ormoni liposolubili costituito da 5 diverse vitamine: vitamina D1, D2, D3, D4 e D5. Le due più importanti forme nella quale la vitamina D si può trovare sono la vitamina D2 (ergocalciferolo) e la vitamina D3 (colecalciferolo), entrambe le forme dall'attività biologica molto simile. Il colecalciferolo (D3), derivante dal colesterolo, è sintetizzato negli organismi animali, mentre l'ergocalciferolo (D2) è di provenienza vegetale.
La vitamina D ottenuta dall'esposizione solare o attraverso la dieta è presente in una forma biologicamente non attiva e deve subire due reazioni di idrossilazione per essere trasformata nella forma biologicamente attiva, il calcitriolo.
VITAMINA D NEGLI ALIMENTI
Pochi alimenti contengono quantità apprezzabili di vitamina D.
Un alimento particolarmente ricco è l’olio di fegato di merluzzo.
Seguono, poi, i pesci grassi (come il salmoni e le aringhe), il latte ed i suoi derivati, le uova, il fegato e le verdure a foglia verde.
LIVELLI OTTIMALI DI VITAMINA D NELLE DIVERSE FASI DELLA VITA
I livelli di assunzione non sono perfettamente noti.
Il problema consiste nel fatto che in condizioni normali l’esposizione alla luce solare è sufficiente a garantire livelli di vitamina D accettabili.
Il problema nasce in individui che non si espongono alla luce o che presentano richieste maggiorate di vitamina.
Generalmente gli adulti, per le ragioni di cui sopra, non hanno bisogno di assumere vitamina D, a meno che debbano restare sempre al chiuso, purché mantengano un buon introito di calcio o fosfato.
In caso di necessità a causa di una sintesi endogena vitaminica ridotta, si può ricorrere all'assunzione giornaliera di 10 μg/die.
Nei neonati l'apporto non dovrebbe essere inferiore a 10 μg/die. Nei bambini di età compresa tra 1 e 3 anni dovrebbe essere introdotto lo stesso quantitativo, nel caso in cui non possano venir messi alla luce per un tempo adeguato.
Nei bambini più grandi e negli adolescenti l'esposizione alla luce permette di avere livelli vitaminici adeguati.
Nel caso in cui non sia possibile stare alla luce, si possono usare quantitativi di vitamina compresa tra 10 e 15 μg/die, in quanto il loro metabolismo osseo è aumentato.
Durante la gravidanza e l'allattamento le richieste di vitamina D aumentano per far fronte alla maturazione dello scheletro del feto e del neonato.
Generalmente l’esposizione alla luce dovrebbe mantenere dei livelli adeguati, ma nei mesi invernali questo non è possibile e si possono verificare stati carenziali sia per la mamma che per il piccino per cui si consiglia di assumere 10 μg/die di vitamina.
Gli anziani tendono a stare meno alla luce e la loro sintesi endogena di vitamina diminuisce per cui si può ricorrere ad una supplementazione di 10 μg/die.
In caso di prolungata assunzione di vitamina, superiore a 250-1250 μg/die si possono verificare fenomeni di tossicità acuta o cronica con comparsa di nausea, diarrea, ipercalciuria, ipercalcemia, poliuria, calcificazione dei tessuti molli. Generalmente ciò avviene allorché i livelli circolanti di vitamina D superano i 100 ng/ml.
Per evitare ciò, è consigliabile non superare un’assunzione giornaliera di 50 μg/die.

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