sabato 10 gennaio 2009

CERVELLO, MENTE, COSCIENZA

Non insisteremo mai abbastanza a ripetere che le credenze a cui noi aderiamo formano circuiti neuronali in base ai quali noi percepiamo la realtà. Quando diciamo schemi di credenze, non intendiamo quello che la nostra mente razionale produce, ma quello che la corteccia associativa plasmata negli anni dai genitori, dal gruppo sociale di appartenenza, dalla scuola, dai mass media ha codificato.
L'interessante studio di seguito descritto ci conferma proprio questo modus operandi del nostro cervello. Per cambiare il modo di guardare la realtà occorre un continuo allenamento per sostituire il pacchetto di istruzioni neuronali...e rendere esecutivo il nuovo programma.
Razzismo e cervello
Fonte: salute.agi.it


r.s. a cura della redazione ECplanet
Anche se il razzismo viene condannato dal nostro cervello, non sempre questo si traduce in comportamenti concreti. Lo hanno dimostrato un gruppo di ricercatori dell' Università di York (Canada) in uno studio pubblicato sulla rivista 'Science'. Un'indagine condotta nel 2007 negli Usa dal Pew Research Centre di Washington ha rivelato che il 67 per cento delle persone di colore subisce discriminazioni quando cerca lavoro, e il 50 per cento quando svolge attività quotidiane, come fare la spesa o frequentare locali.
Per i ricercatori questo comportamento, che molto spesso contraddice il pensiero comune, testimonia che la pressione sociale contro gli atti di discriminazione e violenza non è poi così forte e scontata. “Le persone pensano che, di fronte a un episodio di discriminazione, interverrebbero a favore della vittima”, hanno detto i ricercatori, “ma i nostri risultati mostrano che, posti davanti al fatto reale, la reazione che prevale è d'indifferenza”.
Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno condotto diversi esperimenti su volontari caucasici e asiatici. Lo scopo era comparare le previsioni fatte dai partecipanti sulle proprie reazioni ad atti di razzismo, con le reazioni reali.
In una prima prova, 120 volontari hanno assistito a un episodio (simulato) di insulto razzista contro una persona di colore.
Nonostante questo, il 63 per cento ha scelto, come compagno per l'esperimento successivo, il colpevole e non la vittima, contraddicendo le previsioni iniziali.

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