lunedì 20 luglio 2009

Fallite le strategie di controllo, servono nuovi modelli: dopo l'infarto, crescono ipertesi, obesi e sovrappeso

E' questo il messaggio che viene dal 'meeting' internazionale svoltosi il 17 luglio 2009 a Pietrasanta (Lucca) sulla prevenzione cardiovascolare: e nonostante l'incremento dei farmaci, e' l'allarme, peggiorano i parametri di rischio nei pazienti.
"Si deve investire di piu' in stili di vita, informazione e organizzazione del sistema", dice Enrico Agabiti Rosei, direttore della Clinica Medica dell'Universita' di Brescia e Presidente del meeting, organizzato dalla Fondazione Internazionale Menarini.
La prevenzione cardiovascolare, insomma, resta tuttora sottovalutata e aggiungono gli organizzatori, "troppo, anche in chi ha gia' avuto un 'segnale' importante come un infarto".
Lo dimostra l'indagine condotta dalla Societa' Europea di Cardiologia (ESC) Euroaspire, che ha analizzato (per la prima volta nel 1995 e poi nel 2007) i fattori di rischio in questi pazienti: gli ipertesi sono passati dal 58 al 61, quelli in sovrappeso dal 77 all'83, gli obesi dal 25 al 38%, debole, miglioramento riguarda i fumatori scesi dal 20 al 18.
Questo nonostante si tratti di persone particolarmente fragili, seguite con farmaci come antiipertensivi e statine, impiegati in dosi sempre maggiori. "La chiara dimostrazione che si deve investire di piu' su stili di vita, informazione e organizzazione del sistema", aggiunge Agabiti Rosei.
E proprio questo sara' il focus dell'incontro, che vede riuniti i maggiori esperti concentrati su come ridurre l'impatto sociale ed economico di queste patologie attraverso interventi di tipo informativo, politico e gestionale, per la correzione del rischio cardiovascolare globale.
Senza dimenticare la ricerca. "Se ci si limita ad affrontare un solo aspetto del problema - osserva Agabiti Rosei - privi di una visione d'insieme, la strategia sara' fallimentare".
Le malattie cardiovascolari restano la prima causa di morte nel nostro Paese, con il 42% dei decessi.
Ma eventi come ictus e infarto, quando non sono letali, rappresentano un'importante causa di disabilita', con una ricaduta diretta sul malato, la famiglia e l'intera comunita'. Basti pensare che in Italia si contano 195.000 casi di stroke ogni anno: un terzo muore entro i primi 12 mesi, mentre un altro terzo resta invalido permanente.
"Il Convegno di oggi - conclude Agabiti Rosei - rivolgera' una grandissima attenzione agli aspetti organizzativi, alla ricerca di nuovi paradigmi. Modelli che coinvolgano non solo i centri specialistici e della medicina del territorio, ma anche gli stessi pazienti".

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