martedì 28 ottobre 2008

Metti in rete il cervello

di: Johann Rossi Mason
La nostra abilità ad imparare cose nuove dipende dal numero di connessioni che si formano nel nostro cervello, come un network di cavi in espansione.

E fortunatamente le connessioni continuano a formarsi e a crescere anche durante la vita adulta. “Il cervello è un organo davvero dinamico” racconta Bonnie Firestein – docente di biologia cellulare e neuroscienze alla Rutgers University, università di Stato del New Jersey: “Abbiamo miliardi di cellule nervose, i neuroni, e quando siamo adulti il cervello crea in continuazione nuove connessioni. Ad esempio quando leggiamo creiamo nuove connessioni. Ero interessata a come avvenisse questa crescita e, più specificamente, come i neuroni stessi creano le connessioni, delle estroflessioni simili ai rami di un albero chiamate ‘dendriti’. Essi hanno appunto lo scopo di mandare e ricevere segnali”.

Isolando e studiando i singoli neuroni i ricercatori hanno quindi identificato una particolare proteina chiamata ‘cipina’ che sembra essere quella che controlla il processo di crescita dei dendriti. La cipina potrebbe funzionare come un collante che cementa le molecole insieme, simile ad una lunga catena che forma lo scheletro del dendrite. Quando gli studiosi hanno rimosso la cipina dai neuroni hanno trovato che il numero di connessioni tra le cellule era calato drasticamente.
Una simile osservazione rappresenta il picco di ciò che potrebbe accadere all'interno del cervello, sostiene la dottoressa Firestein “Pensiamo, ad esempio, che nel momento in cui stiamo leggendo un libro o studiando un testo, la cipina si attiva per dirigere le nuove ramificazioni. Abbiamo anche scoperto che se teniamo i nostri neuroni in attività lì avremo maggiori concentrazioni di cipina. Ma si può ipotizzare anche il contrario, ossia che se la cipina è correlata all'apprendimento e alla memoria, una scarsa quantità potrebbe coincidere con disabilità e disturbi di queste due importanti funzioni”. Sappiamo infatti che nello stato di malattie come il morbo di Alzheimer, la sindrome di Rhett, la sindrome feto-alcolica e il ritardo mentale, si verificano deficit di memoria dove ci sono minori diramazioni su questi neuroni.

Certo, si tratta di dati preliminari, osservazionali, ma la speranza è quella di partire da qui per sviluppare terapie capaci di aumentare la disponibilità di cipina o di incrementarne l’attività.

Quanto? Tanto da potenziare i dendriti già esistenti e ristabilire la memoria e la capacità di apprendimento.

La strada è comunque ancora molto lunga e irta di ostacoli.
Istituzione scientifica citata nell'articolo:

Rutgers University

Nessun commento: