giovedì 5 febbraio 2009

Maternità tanto decantata, ma in Italia avere un figlio è un biglietto per l'Inferno

Adorano i loro figli e, potendo tornare indietro, non rinuncerebbero mai alla maternità, ma sono stanche, sopraffatte dagli impegni familiari, dai compiti e dai doveri. Per chi diventa madre, dicono, non c'è più tempo libero, non c'è un minuto di svago o di riposo e non c'è comprensione o contributo da parte della società. Si accetta più facilmente che un'amica porti a casa (o al ristorante) il proprio cane piuttosto che un figlio urlante.
Gli uomini aiutano poco e se possono, con la scusa del lavoro, stanno fuori casa finché non arriva l'ora della nanna.
Gli asili sono pochi e tocca andare a prendere i pupi alle 16 o alle 17 e se si lavora è praticamente impossibile farcela.
Chi è fortunata vive sulle spalle dei nonni, veri e propri baby sitter a tempo pieno.
Le altre si sacrificano: chi rinuncia al sonno, chi all'intimità coniugale, chi alle amiche, chi al lavoro, chi ai viaggi, chi a tutto.
Lamentele giustissime: in Italia chi fa i figli si deve arrangiare, i servizi sono totalmente assenti e quando ci sono, sono pessimi.
All'estero dei piccoli paradisi: asili con orari elastici, asili aziendali, contributi in denaro, assistenti a domicilio pagate dallo Stato, periodi di maternità lunghi anni... Ma anche piccole banalità quotidiane, che facilitano la vita e che da noi si ignorano: la possibilità di salire su un mezzo pubblico col passeggino (è vietato in Italia, lo sapevate?), i fasciatoi sui treni, i seggioloni e gli spazi bimbi in tutti i locali pubblici, code al supermercato riservate a chi fa la spesa coi piccoli in lacrime.
Anche una giornalista inglese, Helen Kirwan-Taylor, dalle colonne del Daily Mail ha espresso il suo disagio, con parole dure ma condivise in silenzio da molte donne: «Mi dispiace dirlo, ma i miei figli mi annoiano a morte. Trovo monotoni i rituali che le neo-mamme si raccontano estasiate: andare alle feste di compleanno di altri bambini, giocare con loro, raccontare la fiaba della buonanotte. Non saprei dire quale di queste attività mi respinge di più. Sono diventata una workaholic (malata di lavoro, ndr.) quando i miei figli erano piccoli, perché qualunque incarico mi sembrava meno stressante di stare a casa con loro».
Immediate le critiche: mamma snaturata, mamma cattiva, mamma senza cuore, mamma egoista.
Lei ha risposto serenamente: «Naturalmente amo i miei figli quanto qualunque madre. Ma trovo queste attività così noiose da accampare qualunque scusa per evitarle».
In tanti criticano chi timidamente, o coraggiosamente come Helen, alza la testa e fa sapere che fare la mamma è un lavoro splendido ma durissimo. E a volte anche noioso. Eppure la solidarietà delle donne in rete si fa sentire: «Care mamme, voi non avete idea di quanto io sia felice, e mi senta molto meno sola, a leggere questi vostri messaggi. C'è molto da fare qui, anche per quelle cose pratiche e magari banali che però ci fanno capire come i bambini (e le mamme con loro) non siano previsti, voluti, protetti da questa società. Io credo che ognuna di noi dovrebbe fare qualcosa, unita alle altre».
Detto e fatto: in rete spunta il manifesto delle mamme stufe.

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